I ceramisti di cutrofiano
A partire dal Seicento, nei documenti parrocchiali e negli atti notarili si raccontano le storie dei figuli cutrofianesi come Giovanni Scorrano, Raffaele Russo e altri, che tramandano l’arte della creta di generazione in generazione. Nello stesso periodo, nell’artigianato ceramico lavorano anche Giovanni Greco, Andrea Campa, Salvatore Gorgoni e Lupo Colabene e le famiglie dei Ligori, degli Schinzari e dei Colì, questi ultimi attivi ancora oggi.
I figuli di Cutrofiano iniziano già dal Cinquecento a conquistare i mercati e le fiere del basso Salento, esportando le loro stoviglie da Otranto a Gallipoli al Capo di Leuca. Un documento indica che nel 1683 artigiani come Mario Angelelli, Giuseppe Pietro Colì e Gaetano De Donatis si dirigono a Lecce per vendere i loro manufatti. Sul loro tragitto incontrano anche il vasaio Leonardo Colabene.
Il Catasto Onciario del 1752, un importante strumento fiscale del Regno di Napoli, rivela una fiorente comunità di ceramisti cutrofianesi, con diversi tipi di specializzazioni: piattari, pignatari, cioè specializzati nel vasellame da fuoco, e codimari, coloro che forgiano i vasi.
Nel Settecento alla produzione della ceramica di Cutrofiano si uniscono altre famiglie: gli Arachi, i Bracco, i Canicchia, i Chirenti e i Melissano.
Nell’Ottocento, alle officine storiche si affiancano nuovi nomi, tra cui Vantaggiato, Melissano, Qualtieri, D’Acquarica. Di questo periodo sono anche i Cesàri e gli Alemanni, che abbandoneranno l’arte ceramica solo nel secolo scorso. Nel 1885, si trasferisce da Grottaglie il figulo Pasquale Galeone che, insieme agli Alfeo che giungeranno poco dopo, porterà nuova linfa creativa.
Nonostante nei secoli ci siano stati diversi periodi di crisi, Cutrofiano si afferma come paese della ceramica, mantenendo la sua vocazione nella produzione di stoviglie e materiali da costruzione. Oggi, le botteghe di Colì, Benegiamo, De Donatis, Andriani, e Maglio continuano la tradizione.
Nel corso del tempo, l’abbondante presenza di ceramisti a Cutrofiano spinge alcuni artigiani a emigrare, contribuendo a diffondere l’arte cutrofianese in altri centri.
Intervento Salvatore Matteo (La Fornace romana)
Il ritrovamento di una fornace da vasaio di epoca romana, dimostra come questa attività sia stretttamente legata alla natura del territorio di Cutrofiano. La scoperta è avvenuta pochi anni fa, nel corso di lavori per lo scavo di una cantina in contrada Scacciato, un’area alla periferia del paese, già nota come zona di intensa frequentazione umana in periodo romano. E’ stata datata al secondo-terzo secolo dopo Cristo.
La parte anteriore della struttura venne purtroppo completamente asportata durante i lavori, ma rimane la sezione intera, da cui si può ricostruire la forma e comprenderne il funzionamento.
Di forma circolare era completamente scavata nella roccia con un rivestimento interno di pietre impastate con argilla. Un corridoio munito di gradini permetteva di raggiungere la camera inferiore per l’alimentazione con legna, mentre Il caricamento, a differenza delle fornaci moderne, doveva avvenire dall’alto, e prima dell’accensione, doveva essere chiusa con una cupola fatta presumibilmente di laterizi. Al momento della scoperta la fornace era colma da coppi, molti dei quali erano scarti di fornace, forse il contenuto di un’ultima cottura andata a male.
La fornace serviva dunque soprattutto per la fabbricazione di materiali per l’edilizia. In periodo imperiale, dato l’alto volume di trafici, il vasellame in ceramica veniva per lo più importato dai centri ben conosciuti del Nord Africa o del Medio Oriente, ma manufatti come tegole e mattoni, largamente impiegati nella costruzione di case, molto pesanti e di poco pregio, venivano prodotti in loco. La fornace è stata restaurata di recente con fondi della Provincia di Lecce per renderla fruibile al pubblico, ma necessita di un ulteriore intervento che ne faciliti l’accesso.