I fischietti
Le origini del fischietto di terracotta sono antichissime, probabilmente risalgono al Neolitico. Dalle civiltà precolombiane alle tradizioni asiatiche ed europee, la ceramica sonora è stata utilizzata per richiami, giocattoli, e nei rituali. La collezione del Museo di Cutrofiano si compone di oltre 400 manufatti, molti dei quali donati dal collezionista Mario Briosi nel 2010. Questi esemplari arrivano da varie parti del mondo, e quelli provenienti dalle varie regioni italiane comprendono sia manufatti tradizionali, come gli esemplari piatti di Caltagirone, i cuchi veneti, e i coloratissimi fischietti materani e murgiani, sia alcune opere di maestri contemporanei.
A Cutrofiano in Età Moderna non troviamo pasturari, cioè artigiani figuli che si occupano esclusivamente di pupi del presepe, fischietti e statuette sacre. In genere sono i fabbricanti di vasi più anziani a gestire questo tipo di produzione, che è considerata secondaria rispetto al vasellame e al materiale da costruzione.
Inizialmente, a Cutrofiano si realizzano fischietti privi di colore, o al massimo ricoperti di bianco, e lavorati in maniera approssimativa. Fino a quando, alla fine dell’Ottocento, Vincenzo Galeone, figlio di un pasturaro grottagliese trasferitosi a Cutrofiano, inizia a realizzare dei fischietti che si distinguono dai prodotti degli altri artigiani del paese. I fischietti di Galeone e dei suoi eredi sono invece policromi e modellati in modo accurato, e riproducono solitamente la parte anteriore di un gallo o di un cavallo.
In tempi più recenti, questa tradizione viene portata avanti da ceramisti quali Giuseppe Colì e Vito De Donatis. In particolare quest’ultimo in tarda età inizia a creare delle vere e proprie opere d’arte, di incredibili forme, ispirandosi a temi antropomorfi, in particolare uccelli da voliera, o familiari.
I fischietti, le statuette sacre e altri piccoli manufatti venivano esposti al mattino nelle fiere locali come quelle di Lecce e Galatina, mentre nel pomeriggio si lasciava il posto al vasellame.
I fischietti, oltre a essere destinati ai bambini per giocare, venivano utilizzati dai cacciatori come richiamo per gli uccelli.
Intervento Alessandra
A Cutrofiano, non esisteva la figura del pasturaro e perciò i fischietti venivano realizzati dagli stessi artigiani, che ormai anziani, avevano lasciato le redini della bottega ai figli.
I fischietti cutrofianesi erano appena abbozzati, e dopo la cottura, restavano grezzi, oppure venivano immersi in un solo colore, perlopiù il bianco. Forme semplici come il cavallo, il cane, il galletto, prive di dettagli ma cariche di espressività.
Vito De Donatis è stato un ceramista che ha da sempre dimostrato una certa abilità nel modellare fischietti in terracotta. Tale destrezza è stata, con l’esercizio, ulteriormente incoraggiata, tanto da permettergli di produrre, in età avanzata, vere e proprie opere d’arte. I suoi manufatti sono strettamente legati alla quotidianità: l’amore coniugale, la famiglia, i bambini, gli animali, in particolare gli uccelli da voliera (che realmente teneva in giardino).
Ha dimostrato quanto il confine tra artigianato e arte abbia contorni indefiniti. Solitamente l’artigiano era portato a ripetere figure e motivi, magari perfezionando la tecnica e giungendo, così, a risultati pregevoli. Vito ha manifestato, invece, una spiccata sensibilità nel produrre forme sempre più elaborate e complesse, ma soprattutto originali, sconfinando ampiamente nell’arte.