La bottega del ceramista

Videoguida Lis

Cutrofiano, con il suo territorio ricco di argilla, legname e acqua, rappresenta da secoli un luogo ideale per la produzione della ceramica. Le argille, di origine marina e spesso associabili alla Formazione di Gallipoli, un deposito marino del Pleistocene, sono ricche di fossili e richiedono un’accurata lavorazione per ottenere un impasto plastico, adatto alla modellazione. 

Dopo l’estrazione, l’argilla veniva immersa in acqua per ammorbidirla. A questa fase seguiva la battitura con i piedi per eliminare l’aria e le impurità principali. Si preparavano infine i cappii o maddi, cioè delle porzioni di impasto da posare sul tornio.

Il tornio a piede era la tecnica più utilizzata per la modellazione. Il vasaio centrava l’argilla, azionava il tornio e ne regolava la velocità con il piede, poi affondava i pollici al centro del materiale fino a plasmare un cilindro. Strumenti come lu cuppu, un recipiente dove l’artigiano immerge le mani per tenerle bagnate, la sponza, cioè la spugna per togliere l’acqua in eccesso, le stecche e la spatola per modellare il manufatto e il filo per staccarlo dal tornio erano essenziali. La bottega comprendeva spazi dedicati alla modellazione e alla decorazione, la stanza della fornace e i depositi di argilla e legna. Invece, l’essiccamento della ceramica aveva luogo comunemente sui tetti o lungo le vie del paese.

La preparazione degli smalti avveniva nella pila. Gli apprendisti o i ceramisti più anziani si occupavano di macinare le materie prime per ottenere le polveri decorative, che venivano poi mescolate con i coloranti e diluite in acqua per poi essere stese sui manufatti. I coloranti venivano preparati in una pila separata attraverso gli ossidi di diversi metalli, come ferro, rame e manganese, che generavano una vasta gamma di colori, dal giallo al verde al marrone. Prima della cottura, gli oggetti venivano rivestiti: alcuni passavano attraverso la fase di ingobbio ed erano trattati con vetrina piombifera, mentre quelli più pregiati venivano trattati con una vetrina stannifera.

La fornace tradizionale pugliese era verticale: la camera di combustione, alimentata a legna, era separata dalla parte superiore, dove venivano posti i vasi. A Cutrofiano, queste fornaci avevano una camera di combustione spesso interrata. Durante la cottura, che durava circa 8 ore, la temperatura doveva salire gradualmente, per essere poi mantenuta costante intorno ai 1000 gradi. Seguiva un raffreddamento lento ed eseguito con estrema cura. Un errore durante la cottura poteva avere gravi ripercussioni sulla bottega

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