La pavoncella

Verso la fine del sedicesimo secolo, la ceramica graffita policroma, che ha radici bizantine, si è imposta come produzione tipica regionale pugliese. Questa tecnica prevede dapprima la fase di ingobbio del manufatto; in seguito la superficie bianca viene incisa secondo il motivo decorativo prescelto, mostrando il colore originale dell’argilla. Sottoposto a una prima cottura, viene poi dipinto con colori a base di ossidi metallici e infine, dopo essere stato rivestito con vetrina piombifera, è sottoposto a una seconda cottura. 

Il giallo-bruno vibrante della pavoncella è dato dall’ossido di ferro, che si dilata in cottura rendendo l’animale meno esile di quello che è.

Il catino di Cutrofiano proviene da uno scavo condotto in piazza Municipio, davanti al museo. In quell’area, durante la prima Età Moderna, vi era una bottega della quale è stato individuato un pozzo profondo un paio di metri dove erano stati gettati gli scarti delle lavorazioni. 

Certamente questa creatura, che richiama la pavoncella sarda, è anch’essa un beneaugurale richiamo alla fertilità. Un uccello affascinante che può simboleggiare una terra dove la ceramica è più di un mestiere, è un incantesimo di creta, colori e storie che si tramandano di generazione in generazione.

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